Missione Birmania: un viaggio fuori dal
tempo
Oltre
ad essere il resoconto del nostro viaggio in Myanmar (i luoghi, dai nomi per
noi spesso impronunciabili, sono meglio descritti nella Lonely e in molti altri
racconti di TPC), vorremmo, con questo scritto, portare in evidenza alcuni
aspetti della vita in questo paese, particolari e sfumature che abbiamo potuto
apprendere grazie alle conoscenze fatte, che magari agli occhi di un normale
turista possono sfuggire (le guide e gli autisti non possono dire tutto quello
che vogliono, pena il ritiro del permesso di lavoro), passare inosservate, o
essere notate ma non sufficientemente percepite, a volte date per scontate. Per
portare a conoscenza dei molti, le condizioni di vita e la mancanza di libertà
di questo popolo, facendo nostra una frase una frase del premio Nobel per la
Pace,
(I
NOMI DEI NOSTRI AMICI SONO STATI CAMBIATI, NON VORREMMO CAUSARE LORO QUALCHE
PROBLEMA)
Il
nostro desiderio di visitare
Nel
frattempo abbiamo avuto l’occasione di conoscere un altro ragazzo birmano,
Bartolomeo, in Italia sempre per studiare per diventare prete presso il
seminario del Pime, che proprio quest’anno poteva ritornare in patria per le
vacanze scolastiche dopo un primo periodo di 3 anni in Italia (non possono
tornare prima di questo lasso di tempo).
Anche
se sappiamo che il periodo non è dei migliori a causa del monsone (va beh, ci
porteremo mantelle, ombrello e kway…), circa a metà marzo programmiamo la
partenza per il giorno 30 giugno.
Inoltre,
pochi giorni prima della partenza, abbiamo avuto l’opportunità di conoscere una
ricercatrice medica birmana di Mandalay, di nome Lucia, che si trovava presso
l’ospedale della nostra città per uno studio/ricerca sulla malaria, e che
sarebbe tornata a casa dopo qualche giorno.
Poiché
lo scopo principale del viaggio è quello di rivedere ed aiutare padre Matteo,
che nel frattempo è diventato direttore si una importante organizzazione
umanitaria con ufficio anche a Mandalay, i mesi che ci separano dalla partenza
sono spesi nella frenetica ricerca di materiale da portare nei villaggi
cattolici: vestitini, materiale didattico, ma soprattutto medicinali ed piccole
attrezzature mediche (termometri, apparecchi per misurare la pressione, ecc…).
I giorni precedenti la partenza invece, sono una disperata ricerca di
“compattare” il più possibile tutto il materiale nelle valige, pesando con cura
tutti i bagagli per non superare i kg. consentiti (
Nel
frattempo sia Bartolomeo che Lucia sono partiti: li ritroveremo in Myanmar.
Sabato 30 giugno
Alle
10,00 tutti e 7 siamo pronti con le nostre valige stracolme. Con il pulmino preso
a noleggio in circa un’ora siamo a Malpensa. Timorosi ci avviamo al check-in
(la Thai avrà mandato l’autorizzazione per imbarcare kg. in eccesso??!), un
poco di coda, troviamo un addetto molto gentile che senza problemi imbarca
tutti i 13 bagagli per un totale di ben
Decolliamo
regolarmente alle 14,30 e dopo un volo di 10 ore sul comodo aereo Thai, con le
eleganti hostess che passano ogni 5 minuti a rifocillarti, alle 6,00 atterriamo
a Bangkok.
Domenica 01 luglio
Nel
nuovissimo e modernissimo aeroporto di Bangkok una hostess ci saluta regalando
a tutti una orchidea. Un breve scalo, il tempo di cambiare gate e alle 8,00
rieccoci sul volo Thai che in meno di un’ora ci porterà a Yangon. Anche
l’”International Airport Yangon” è nuovo e molto moderno: al nostro arrivo non
c’è molto movimento. Si chiama “International”… ma non possono atterrare voli
provenienti da paesi extra-asiatici. Il primo segnale della chiusura dell’attuale
situazione politica.
Subito
al di là della vetrata vediamo p.Matteo che ci saluta: facilmente sbrighiamo le
pratiche dell’Immigration, p.Matteo con un pass speciale riesce ad entrare
nell’area riservata agli arrivi e possiamo salutarci. Ora rimane l’impresa più
ardua: riusciranno tutti i nostri bagagli a passare la dogana? Qualcuno passa
tranquillamente, qualcuno viene aperto e rovistato, sbucano scatole di
caramelle e divise da calcio; ci chiedono per chi sono. Un po’titubanti,
rimaniamo sul generico, e rispondiamo che sono per i bambini.
Finalmente
fuori dall’aeroporto ci possiamo salutare “tranquillamente”. P.Matteo ci
presenta subito Maria, una ragazza birmana di 26 anni che fa la guida turistica
per una agenzia viaggi italiana che ha sede a Yangon: fortunatamente questa
settimana non ha altri turisti da accompagnare e quindi può dedicarsi a noi.
Anche lei è cattolica, parla molto bene l’italiano, essendo stata per un anno e
mezzo a studiare a Perugia: è ritornata in patria un anno fa. Maria ci farà da
guida fino il giorno 7, avendo p.Matteo ancora qualche impegno di lavoro.
Carichiamo
tutti i bagagli sul pulmino e ci dirigiamo tutti insieme verso la città di
Yangon, distante circa 25 minuti.
All’ingresso
della città si trova un grande arco con la scritta “Benvenuti in Myanmar la
terra dorata”. “Myanmar”, ci dice Maria, significa “sviluppo forte e veloce”…
ma “solo a parole”, aggiunge…
Yangon
appare subito come una cittadina movimentata: nonostante sia domenica e non
siano ancora le 10,00 il traffico è abbastanza sostenuto (qui, il governo ha
proibito la circolazione di motorini e biciclette). P.Matteo e Maria ci
notiziano subito che la giornata in Birmania inizia presto: normalmente la
sveglia è alle 5,00 – 5,300, appena fa chiaro e termina altrettanto presto,
quando il sole tramonta, verso le 18,30. Pochi hanno l’energia elettrica in
casa (… vedremo poi che pochi hanno veramente una casa, i più vivono in
capanne), gli altri si arrangiano con candele, i più fortunati con i
generatori, molti restano al buio. Maria ci dice che i suoi genitori hanno
fatto la domanda per ottenere l’energia elettrica quando si sono sposati:
l’hanno ottenuta lo scorso anno, quando è nato il primo nipotino… dopo 25 anni.
L’energia elettrica viene fornita per circa 6 ore al giorno, non sempre alla
stessa ora, a volte di giorno, a volte di notte, magari quando uno è fuori casa
per lavorare… svolgere anche le cose più semplici a volte può essere davvero un
problema. Sono poche le persone che hanno elettrodomestici “primari”: la lavatrice
è un lusso, il frigorifero pure.
Ci
raccontano che in Birmania vivono circa 55 milioni di persone (14 sono le etnie
presenti, che sono rappresentate dalle stelle presenti sulla bandiera) su un
territorio vasto due volte l’Italia: 5 milioni vivono a Yangon,
Per
raggiungere l’hotel dovremmo passare davanti la casa dove vive Aung Sang Suu
Kyi (il premio Nobel per la pace che vive agli arresti domiciliari): siamo
costretti a fare una deviazione in quanto nessun mezzo può passare davanti la
casa della “Signora” (non possono nemmeno chiamarla per nome, figuriamoci fare
commenti o parlarne con i turisti), pena la revoca della licenza di guida
turistica ed il ritiro della patente e del mezzo per il conducente. Ci informa
inoltre, che essendo da poco stato il compleanno della “Signora” ci sono
parecchi problemi anche per l’utilizzo di internet: il governo non gradisce che
le vengano inviati messaggi, anche solo di auguri, non vuole che il popolo si
metta in contatto con lei.
Arriviamo
in hotel (Summit Parkview, $ 45 la doppia con colazione, stanze grandi e
pulite) che si trova nei pressi della famosa Shwedagon Pagoda. Veniamo accolti
con un drink di benvenuto (capiterà cosi in tutti gli alberghi e le case che
andremo, i birmani sono molto ospitali), prendiamo possesso delle camere e…
comincia a piovere molto forte!! Prepariamo gli zainetti per uscire, ci armiamo
di mantelle e ombrellini, ma….non piove già più! Fa molto caldo, un caldo molto
umido.
Consegnamo
a p.Matteo tutti i bagagli con il materiale a lui destinato di modo che possa
subito spedirli con il pullman al suo ufficio di Mandalay.
Nella
hall dell’albergo ci ritroviamo attorniati da donne e uomini che indossano
eleganti gonne, il famoso loungy: è in corso il festeggiamento di una
matrimonio. Fuori, alcune eleganti ragazze ricevono gli ospiti che portano i
regali per gli sposi, impilandoli perfettamente su un lungo tavolone. Il tutto
viene immortalato perfino da una troupe televisiva.
Di
nuovo sul pulmino, siamo pronti per andare alla scoperta di Yangon. Lontano da
occhi indiscreti consegniamo qualche regalo a p.Matteo: una maglia della Nazionale
campione del mondo, una maglia della Juve (espressamente su sua richiesta…
altrimenti ci saremmo rifiutati!!!), qualche libro e da ultimo delle foto
sempre della Juve ed un gagliardetto autografato da Del Piero ed altri
giocatori che abbiamo chiesto alla società bianconera e che gentilmente ci è
stato fornito… fortunatamente è arrivo il giorno prima della partenza!
Cambiamo
qualche dollaro in Kyat e subito ci ritroviamo con un mazzo di enormi
banconote. Se andate in una delle poche banche per il cambio dei dollari vi
verranno dati dai 6 agli 8 Kyat (cambio ufficiale): in qualsiasi altro posto
(mercato nero, alberghi, ristoranti) il cambio applicato va dai 1100 ai 1250
Kyat!
La
prima tappa è un ristorantino tipico (10000 kyat – n.b. i prezzi dei ristoranti
sono leggermente sfalsati perché la spesa veniva divisa tra noi 7 ma a tavola
eravamo sempre in 9 o 10), dove cominciamo ad entrare in confidenza con la
cucina birmana ed asiatica in generale: zuppa, riso bollito, verdure fritte ed
al vapore, pesce fritto o alla griglia, pollo, tante salsine tutte molto
piccanti, frutta (ananas, mango, papaia, banane) ci faranno compagnia per tutto
il viaggio.
Dopo
pranzo ci rechiamo alla Pagoda Chauzkhtakyi, per vedere il famoso e gigantesco
Budda reclinato; successivamente è la volta della maestosa e mistica Pagoda
Shwedagon: una quantità di stupa, templi, budda, nat, campanelle, tutto d’oro…
affascinati ci fermiamo fino al tramonto, quando la Pagoda viene illuminata a
giorno.
Per
cena veniamo portati sul lago Kandawgy, in un ristorante da una insolita
costruzione simile ad un doppio battello (13000 kyat): si mangia a buffet ed
assistiamo ad uno spettacolo di danza birmana. C’è gente, ma non è pieno, siamo
lontani dall’alta stagione di fine dicembre – marzo, dice Maria. Aggiunge anche
che questo è un ristorante “del governo”, e che dice sempre che non ci tornerà…
ma come “guide turistiche” devono obbligatoriamente andare in certi posti…
Lunedì 02 luglio.
La
sveglia suona presto, alle 7.30, ma ancora non ci siamo ripresi dal volo così
siamo svegli da molto prima.
Alle
8.30 partiamo per Bago,
In
Myanmar ci sono solo due classi sociali: i molto ricchi ed i molto poveri. I
ricchi, ovviamente la minoranza, sono rappresentati dai militari al governo che
vivono in lussuose ville al riparo da occhi indiscreti e dai cinesi che,
facendo carte false, stanno facendo di tutto per acquistare terreni, attività
lavorative, costruire case, sfruttare i birmani. Quello che in Europa compriamo
come “made in China”, pagandolo poco, in realtà è stato fatto fare dai cinesi
ai birmani, pagandolo ancora meno. Il governo adesso concede qualche visto per
lasciare il paese ed andare a lavorare nei paesi confinanti, soprattutto in
Thailandia, ma chiedere il passaporto costa circa $ 1000, molto caro. Ci dicono
che esistono delle agenzie che pensano all’organizzazione del tutto: trovano il
lavoro in Thailandia, ottengono il passaporto, prestano i soldi che poi man
mano verranno restituiti appena si comincia a lavorare.
Lungo
la strada ci fermiamo in un laboratorio di terrecotte, dove donne e bambini
partendo dal mucchio di argilla, creano a mano bellissimi oggetti di
artigianato. La proprietaria ci propone anche dei boccettini contenenti liquidi
ed insetti alquanto strani, che dice essere portentosi per dolori, cervicale,
ecc… ci invita a provarli, ma gentilmente rifiutiamo. Maria ci dice che la
“medicina alternativa” è molto seguita, ci sono pure apposite facoltà
universitarie.
Arrivati
a Bago paghiamo $10 (o 1300 kyat) per l’ ingresso al sito nonché 600 kyat per
la macchina fotografica (1000 kyat per la videocamera).
Visitiamo
nell’ordine
Pranziamo
da Hanthawaddy (7500 kyat), un locale molto carino (il personale è ovunque
molto, fin troppo, servizievole: a volte perfino ti mette a disagio per questa
sua attenzione!) da dove godiamo una splendida vista della pagoda Shwemandaw.
Mentre pranziamo un forte acquazzone rinfresca un poco la calda giornata.
Prima
di rientrare a Yangon ci fermiamo in un villaggio Mon: subito veniamo
attorniati da una marea di bimbi che cominciano a chiedere “bonbon, pen,
money…”. Se non riescono a racimolare nulla si accontentano di “euro o
shampoo”. Il villaggio è composto esclusivamente di capanne in bambù costruite
a mò di palafitte, per quando piove molto: le donne ed i bimbi si affacciano
alle finestre e alle porte per vedere il nostro passaggio.
Lasciamo
Bago verso le 16.30: è l’ora di punta, i bimbi escono di scuola, chi finisce di
lavorare si sta muovendo con qualsiasi mezzo a disposizione… il traffico è
davvero tanto, disordinato, rumoroso: ai nostri occhi inimmaginabile, affascinante
e perfino divertente! Maria ci illustra il significato dei vari abbigliamenti
che incontriamo: gli studenti portano un loungy verde quasi sempre con la
camicia bianca, incontriamo delle infermiere con il loungy rosso e la camicia
bianca, gruppi di donne con lo stesso loungy blu che probabilmente lavorano in
qualche ufficio. C’è ressa alle fermate dei pulman/trasporti collettivi: quando
arriva le donne prendono posto all’interno, sedute (il loungy che svolazza
sarebbe poco elegante), mentre gli uomini stanno appesi in piedi fuori dal
mezzo…o addirittura sopra! Le donne portano tutte i capelli molti lunghi: avere
bei capelli è considerato dalla religione buddista un dono e quindi un
“peccato” tagliarli. Poche, quasi inesistenti le persone che vestono “all’occidentale”:
il governo ha obbligato le persone ad indossare il loungy in determinate
occasione(scuole, università, luoghi di lavoro…)
Sulla
via del ritorno, a Yangon facciamo sosta al cimitero dei caduti inglesi della
seconda guerra mondiale: un grande giardino molto curato, con tutte le piccole
croci in fila ed ordinate, un oasi di pace anche se siamo a pochi metri dalla
strada trafficatissima.
Ceniamo
in hotel, e prepariamo i bagagli per la partenza di domattina.
Martedì 03 luglio
La
sveglia suona presto questa mattina, alle 4.00 perché alle 8.00 abbiamo il volo
AirMandalay ($ 65) che ci porterà a Bagan. Volo in perfetto orario, e dopo
circa un’oretta atterriamo. Salutiamo p.Matteo sull’aereo in quanto lui
prosegue fino a Mandalay… ci ritroveremo fra qualche giorno!
Arrivare
a Bagan è come fare un ulteriore passo indietro nel tempo rispetto a Yangon. Lo
spettacolo che si apre davanti agli occhi è da togliere il fiato: dal verde
spuntano migliaia di stupa, pagode, in mattoni, dorate, bianche, di ogni forma
e dimensione. Le strade in rossa terra battuta, i carri trainati dai buoi,
uomini e donne che camminano scalzi portando sulle spalle un bastone con due
sporte ai lati, donne che elegantemente camminano portando enormi ceste sulla
testa (i maschietti ci rinfacciano subito la nostra postura anche senza pesi
sulla testa !!!), quasi nessuna macchina, poche anche le biciclette ed i
motorini.
Ci
dirigiamo subito verso l’hotel Bagan ($ 40 la doppia con colazione, bellissima
in legno di tek stile coloniale, grande quanto un bilocale!, pulito)… Peccato
che quando vi faremo ritorno nel pomeriggio, ci diranno che non era l’hotel che
avevamo prenotato… quindi ci trasferiremo in un albergo situato dietro a questo
(Bagan Thande, $ 45 con colazione, bello, pulito, direttamente sul fiume).
Prima
tappa è la visita del villaggio Nyaung Oo e del relativo caratteristico,
colorato e “odoroso”mercato, soprattutto nella zona dove vendono carne e pesce.
Di
nuovo sul nostro pulmino, iniziamo la visita del sito archeologico ($ 10 il
costo per pass per l’ingresso). Maria ci dice che visiteremo la pagoda più
grande, quella più alta, quella più moderna: ammireremo quindi
A
Bagan cominciamo a fare i conti con bambini, ragazzette/i, donne che appena
scendi dal pulmino e ti avvicini alla “loro” pagoda (gruppi di persone si sono
accaparrate pagode diverse per vendere le loro mercanzie, stanno solo nei
pressi di quella prescelta senza invadere il territorio di quella vicino)
cominciano ad avvicinarti, a chiederti come ti chiami, ti dicono il loro nome
(Gyu Gyu, Myu Myu,….), e cominciano a venderti tutta la loro mercanzia
(cartoline, righelli, ventagli, cappelli, dipinti…. e non ti mollano finché non
si ritorna sul mezzo!!! Quando proprio riusciamo a non comprare nulla,
regaliamo qualche biscotto o qualche frutto. Abituati a sentire le guide che
spiegano ai turisti, ormai anche loro sono in grado di fornire le stesse
nozioni in diverse lingue…vengo avvicinata da una ragazzetta che comincia a
parlarmi in perfetto francese, rispondo in francese… dopo un po’ dico che sono
italiana…. riparte tutta la presentazione in perfetto italiano!! Oppure ti
stanno appiccicati e di fanno strada nelle buie pagode dicendoti “gradino”,
“piano piano”. Maria quando vede questi bimbi che invece di andare a scuola
stanno a vendere i souvenir ai turisti si arrabbia molto: si arrabbia perché
non vanno a scuola (la scuola costa molto e pochi possono mandarvi i figli,
fanno più comodo due braccia in più per lavorare…) e si arrabbia perché con i
turisti trovano un guadagno facile. Gli oggettini che loro vendono “a poco
poco”, si possono acquistare per 1000 Kyat, circa 80 centesimi di dollaro: una
sciocchezza per noi turisti. Un lavoratore birmano guadagna al massimo 1000
Kyat al giorno…. Quando saremo attorniati da questi ragazzini Maria non perderà
l’occasione di fargli la ramanzina cercando di fargli capire quanto sia
importante lo studio. Un’altra cosa che la fa molto arrabbiare è quando sempre
i ragazzetti, fuori dalle pagode, dove bisogna entrare rigorosamente scalzi,
fanno da custode alle ciabatte, e ti aspettano quando esci e te le preparano
ben benino…. Questo non è un lavoro, dice, e raccomanda di non dargli soldi.
Discorso a parte merita il capitolo “università”: il governo sta cercando di
sparpagliare per il paese le varie facoltà, lontano dai centri abitati, sia per
ostacolare lo studio sia per evitare grossi assembramenti di ragazzi. Maria a
questo proposito, dice che almeno quando c’erano gli inglesi le scuole
funzionavano. Ora gli insegnati a scuola spiegano poco, per poi potersi rifare
con delle lezioni private che fanno pagare profumatamente. Anche per quanto
riguarda lo studio della lingua inglese dice che, dopo le repressioni del 1988,
è un problema: l’insegnamento di questa lingua è quasi scomparso, i professori
che insegnano sono ormai anziani e non c’è ricambio generazionale.
Nel
pomeriggio, dopo aver cambiato hotel, visitiamo un laboratorio di lacche: ci
sono ragazzi addetti all’estrazione della resina dalle canne di bambù, ragazze
che creano ciotoline intrecciando crine di cavallo o bambù, altri che stendono
la lacca (più strati di lacca ci sono più l’oggetto acquisisce valore), altri
che decorano con colori e oro. L’età dei lavoranti è decisamente bassa, la luce
scarsa, l’odore di lacca e acido molto forte: tutte le lavorazioni vengono
fatte a mani nude, senza guanti, senza alcuna mascherina per respirare meno
sostanze possibili. Mentre ammiriamo tutte queste lavorazioni, ci facciamo
disegnare, chi sul braccio chi sullo zaino, dei bellissimi elefantini.
Si
sta facendo tardi e non vogliamo perderci il primo tramonto a Bagan. Ci
spostiamo nuovamente verso la zona archeologica, ci arrampichiamo per le ripide
scale del tempio Shwegugyi, e nonostante il cielo non sia limpidissimo,
assistiamo ad un tramonto dalle mille sfumature.
Cena
da “Ananda” (11000 Kyat) dove assistiamo pure ad un caratteristico spettacolo
di burattini.
Iniziamo
con Maria un discorso sulla religione buddista: è molto “arrabbiata” con i suoi
compatrioti perché a causa di questa religione sono “immobili”, fatalisti,
lasciano che le cose vadano per caso, sono senza aspirazioni, non pensano al
futuro. A loro, che credono nella reincarnazione, viene insegnato che se oggi
si trovano in questa situazione (di povertà, di sottomissione) è perché in una
vita precedente non si sono comportati bene, e che devono “soffrire” e faticare
in questa vita per riuscire ad ottenere una posizione migliore nella prossima.
Ci dice che le persone non hanno aspirazioni e/o curiosità, e per lei, che ha
avuto “la fortuna” di poter vedere come è diversa (non migliore o peggiore, ma
diversa) la vita fuori dalla Birmania, è davvero un forte dispiacere. E’ per
questo che magari vorrebbe anche sposarsi, con un ragazzo della sua terra
(perché ama molto questo paese) ma vorrebbe trovare una persona che pensi e veda
la vita come un occidentale… non è molto facile… La vita è spesa in adorazione
del Budda e dei nat (spiriti), con offerte in natura (frutta), denaro e tanto
tanto oro (magari hanno poco per mangiare e vivere, ma non rinunciano ad
acquistare foglie d’oro da applicare sui già molto dorati budda!!). Ampliando
il discorso, ci dice che il governo si fa forte di queste “teorie” per fare i
propri interessi e dicendo che se il Myanmar è un paese arretrato e povero
rispetto all’occidente è perché in una precedente vita i suoi abitanti non
hanno meritato di vivere in una situazione migliore…..
Rientriamo
in hotel: finalmente internet funziona (100 kyat x minuto) e riusciamo a
comunicare con l’Italia. “Funziona” non è proprio la parola esatta: il
collegamento è lentissimo (quando lo dico alla reception mi dicono “siamo in
Birmania”), molti siti sono censurati ed oscurati, e per poter accedere al sito
(gmail), sempre con l’aiuto della receptionist, dobbiamo prima entrare in un
sito thailandese per poi da questo accedere a Google. Risultato, in 10 minuti
abbiamo letto tre mail.
Mercoledì 04 luglio
Anche
stamattina la sveglia è presto, alle 7.00 ma verso le 6.30 siamo svegliati da
un forte acquazzone. Subito dopo però splende il sole…e fa molto caldo.
Dopo
colazione ritentiamo l’utilizzo di internet, ma oggi, a causa “del brutto
tempo” ci dicono non funziona. Pazienza. Usciamo e visitiamo
Oggi
è anche il “sabato buddista”: non ho capito bene come funziona, ma questo
“sabato” mi sembra cada ogni 8 giorni per cui è a giorni variabili. Il sabato
buddista, in teoria, è anche l’unico giorno in cui le monache, avvolte nella
loro tunica rosa, possono chiedere l’elemosina per tutta
Pranziamo
nel bel ristorante Eden BBB (9500 kyat)
Le
mantelle ed i kway sono sempre con noi nello zainetto: per fortuna non abbiamo
ancora “testato” le famose piogge monsoniche…. però qui a Bagan fa molto molto
caldo (anche se meno umido che Yangon) e ci chiediamo se non sia il caso di
fare “una danza della pioggia”!
Al
pomeriggio prendiamo un carretto trainato da un cavallo e visitiamo il tempio
Sulami e per il tramonto ci inerpichiamo sulla sommità del tempio Dhammayangyi.
Anche stasera il tramonto è spettacolare. Anche per oggi abbiamo visto una
quantità indefinita di budda, pagode, stupa, templi, ecc. ecc…
Ceniamo
al ristorante Green Elephant.
Giovedì 05 luglio
Sveglia
alle 5.30 e partenza del volo per Mandalay alle ore 8.05 ($28 il volo)
Dopo
solo 20 minuti di volo atterriamo all’aeroporto dove ritroviamo p.Matteo ad
aspettarci accompagnato dal mitico Bartolomeo e dall’autista, subito
soprannominato “Schumi” per il suo modo di guidare. Saluti di rito, chiediamo a
Bartolomeo se è riuscito a portare dall’Italia le due bottiglie di limoncello
che voleva fare assaggiare ai suoi genitori: una è arrivata intatta, l’altra….
si è rotta facendo un disastro nella valigia!!
Le
valigie vengono caricate sul pick-up di p.Matteo e vanno direttamente in
albergo. Noi saliamo sul pulmino gentilmente messoci a disposizione dal Vescovo
(i mezzi di trasporto delle varie religioni con impresso il nome sul vetro non
pagano il “pedaggio” di ingresso dei vari paesi/città – all’entrata ed
all’uscita di ogni centro abitato,anche piccolo, c’è una sbarra con almeno due
persone “a guardia”), ci dirigiamo subito ad Amarapura, per ammirare il ponte
in tek U Bein, più lungo del mondo (1200 mt.). Anche qui, come in tutti i
luoghi più turistici, subiamo l’assalto dei ragazzini che cercano di vendere i
souvenir. A piedi andiamo verso il famoso monastero Mahagandhayon: sono quasi
le 11.00 ed i monaci si stanno dirigendo tutti in fila verso il refettorio, per
consumare tutti insieme ed in silenzio l’unico pasto della giornata. Poi si
dedicheranno allo studio ed alla meditazione, fino la mattina successiva,
all’alba quando di nuovo usciranno, scalzi, con lo sguardo basso ed il passo
corto per poter meglio meditare, alla ricerca di nuova elemosina. Restiamo
impressionati dalla quantità di monaci presenti, più o meno giovani. Mentre
loro rapidamente consumano il pasto (non possono avanzare nulla di quello che
hanno ricevuto, se raccolgono di più di quello che è per loro necessario lo
danno ai monaci più anziani che non escono dal monastero) e poi lavano la loro
ciotola. Visitiamo i “dormitori”, grandi stanze in legno dove i monaci stendono
la loro stuoia ai piedi di un bauletto sempre in legno che contiene i loro
pochi oggetti personali. Solo in qualche angolo spunta un letto, sempre in
legno e senza materasso, per chi ha qualche problema di salute. Lasciamo anche
il monastero e ci dirigiamo verso il nostro hotel, il Mandalay Swan ($ 37 con
colazione), proprio di fronte al Palazzo Reale, dove prendiamo possesso delle
camere. Giusto il tempo di lasciare i bagagli e pranziamo in un altro
ristorante della catena “Green Elephant” (11000 Kyat). Qui mostriamo a p.Matteo
un ritaglio di un quotidiano italiano che parla della squadra di calcio della
nostra città, con un riferimento al Myanmar, ed un trafiletto era scritto pure
in birmano: immediatamente abbiamo visto i camerieri (che sempre, in ogni
ristorante sono nei paraggi del tavolo, per versarti perfino l’acqua nel
bicchiere!!) posizionarsi come falchetti dietro le sue spalle per vedere quello
che gli avevamo dato!! In effetti in questo ristorante non abbiamo parlato
molto perché Maria ci aveva avvertito che non era troppo sicura delle persone
che vi lavoravano.
Maria
ci fa un discorso a parte circa i camerieri: in ogni locale ve ne lavorano
molti, non guadagnano molto, da poco cominciano ad esserci anche alcune scuole
di tipo “turistico/alberghiere”. Lei, grazie al suo lavoro, frequenta diversi
ristoranti, e sempre si tiene aggiornata sulle loro condizioni lavorative.
Oltre alla loro paga ricevono una ciotola di riso, un po’ di verdura e… gli
avanzi dei clienti. Un particolare che ci ha fatto riflettere: un giorno che
sulla nostra tavola era avanzato più cibo del solito (le porzioni sono sempre
davvero molto abbondanti) Maria ha chiesto di poterne portare via un po’ per
darlo alle persone più povere.
Ci
dirigiamo verso Mandalay: ad un certo punto sulla strada ci sono delle persone
che stanno lavorando. Sono donne, ragazzini: chi spacca mucchi di pietre, altre
con le mani posizionano i ciottoli per formare il sottofondo stradale, altre
sempre con le mani, e senza alcuna protezione, mettono il catrame. Le guardi,
ti guardano… e ti sorridono… restiamo senza parole….
Nel
pomeriggio visitiamo un po’ la città ($ 10 il pass per i turisti): il monastero
Shwenandaw, la pagoda Kuthodaw.
La
quantità di motorini e biciclette in circolazione a Mandalay è impressionante:
notiamo che in città non sono presenti molti semafori… sarà per evitare mega
ingorghi! P.Matteo ci dice che non tutte le biciclette in circolazione sono di
proprietà. Acquistarla costa dai $ 70 (quelle cinesi) ai $ 150 (quelle
giapponesi), perciò tanti la noleggiano giornalmente (circa 200 kyat) per
venire a lavorare in città. Lo stesso discorso vale per i motorini:
esteticamente sono identici, il costo di uno cinese è circa $ 1000, di uno
giapponese $ 2500. La qualità e la sicurezza dei prodotti è una conseguenza del
costo. Una corsa con gli autobus vecchi e sempre super-affollati costa 100-150
Kyat. Alle donne è proibito salire su biciclette e motorini come “trasportati”
stando a cavalcioni, ma solo tenendo le gambe unite, di lato.
Verso
sera ci spostiamo verso
Ceniamo
presso “A little bit of Mandalay”.
Venerdì 06 luglio
Sveglia
alle 7.30, prendiamo la barca (4000 kyat) che in un’oretta circa ci porterà
sulla sponda opposta del fiume, a Mingun. Il fiume è calmo, ma l’acqua è di un
bel colore marroncino/nocciola. Mentre navighiamo lungo il fiume ci chiediamo
come facciano tutte queste persone ad utilizzare questa acqua per tutte le loro
vicissitudini quotidiane: lavarsi, lavare i panni, cucinare.
Anche
qui, il tempo appena di toccare terra ($ 3 l’ingresso al sito), e veniamo
circondati da una quantità indescrivibile di venditori! Visitiamo
Il
ritorno a Mandalay, grazie alle correnti del fiume, è più veloce (circa 45
minuti).
Pranziamo
al ristorante River View (10000 kyat)
Il
pomeriggio lo dedichiamo un po’ alla visita della città: passiamo nella via
dove lavorano il marmo (una quantità indefinita di budda di ogni dimensione e
un nuvola di polvere bianca avvolgeva tutta la via), visitiamo il budda d’oro
presso
Oggi
fa davvero caldo! Ma quando piove?? Bartolomeo, la cui unica preoccupazione
prima della nostra partenza era il tempo non troppo favorevole che avremmo
trovato, comincia ad essere davvero preoccupato per questo clima così bello!
Torniamo
all’hotel e purtroppo dobbiamo salutare Maria che domani dovrà tornare a Yangon
per accompagnare altri turisti italiani… probabilmente, dice, ci rivedremo a
Inle.
Ceniamo
in una specie di pub “Cafè City” dove comunque mangiamo molto bene. Il ritorno
al hotel si rivela un po’ “pericoloso” in quanto i pochi km che percorriamo a
piedi al buio lungo i marciapiedi sono un attentato alla vita!! L’illuminazione
stradale è scarsa, la luce delle nostre torce pure e sui marciapiedi si aprono
buchi e voragini ogni ½ metro!!
Sabato 07 luglio
La
sveglia anche stamattina è molto presto, alle 6.00. Alle 7.00 partiamo: ci
aspettano
Attratti
da un coloratissimo mercato, lungo il tragitto facciamo una breve sosta. La
zona non è turistica, le donne ci guardano sorridendo, chiediamo se possiamo
fare loro qualche foto, e quando gliele mostriamo sulla digitale o sulla
videocamera il loro sorriso si apre in una risata incontrollata. Ci chiedono da
dove veniamo: ci rispondono che anche loro vogliono venire in Italia! Subito un
individuo (in borghese, pochi sono i militari in giro con la divisa) ci chiede
i passaporti, vuole sapere dove andiamo, cosa faremo e quando torneremo…
Verso
mezzogiorno, dopo circa 5 ore di strada, arriviamo a Swhebo, presso padre
Filippo: aiutato da alcune suore, ha organizzato una bellissima scuola dove si
occupa di orfani o di ragazzini che la famiglia non può mantenere. Visitiamo il
dormitorio, il refettorio, i bimbi stanno giocando a calcio, a piedi nudi sulla
terra, con una palla di bambù (…qualcuno di noi subito si unisce al gruppo). Il
sito è ben organizzato e pulito, i bambini pure e molto educati (verranno ad
uno ad uno a salutarci dandoci la mano) vi è pure una bella chiesa. Lasciamo
alcuni borsoni che ci siamo portati dall’Italia colmi di materiale (medicine,
vestiti, pastelli, giocattoli, palloncini, caramelle….). Ci fermiamo qui per
pranzo e poi ripartiamo per i villaggi. Ne visiteremo tre. Il primo, Tegyi, ci
dirà p.Matteo essere il più povero. Quando vedono arrivare il pulmino, da ogni
angolo spuntano persone che subito ci vengono incontro. In un attimo tutto il
villaggio è attorno a noi, nello spiazzo davanti la piccola chiesetta! Veniamo
accolti dal capovillaggio, da una suora e da un sacerdote che si occupa anche
di un altro villaggio vicino. Ci offrono del thè e qualcosa da mangiare. Come
in una processione, fra le persone tutte sorridenti, andiamo a vedere il pozzo
che p.Matteo ha appena realizzato. Per loro è come la manna dal cielo, non
devono più fare km a piedi per andare a prendere un secchio d’acqua! Inoltre
cerca di aiutare le persone, soprattutto donne, con dei prestiti (microcredito)
di modo che possano avviare attività lavorative in proprio (eventualmente, una
volta restituito il prestito possono accedere ad uno di importo superiore). Ha
consegnato al capovillaggio un maiale, di modo che una volta avuti i piccoli,
questi vengano donati ad altre persone del villaggio e così di seguito…
Inoltre, ci dice, se qualcuno necessita di qualcosa in particolare, lo può
avere pagando però una somma di denaro (simbolica): se ricevono tutto
gratuitamente, poi anche chi non ne ha effettivamente bisogno potrebbe
approfittarsene. Lasciamo dei borsoni contenente materiale vario. Scattiamo
qualche foto: anche qui, grandi e piccini, restano incantati riguardandosi
nella macchina fotografica e nella videocamera. Lasciamo il villaggio, giusto
il tempo di fare qualche centinaio di metri e un militare, questa volta in
divisa, si dirige con la motocicletta verso il villaggio…
Andiamo
poi al villaggio Ynadaw, che ci dice p.Matteo essere molto organizzato e di
esempio per i villaggi vicini. La chiesa è grande, la scuola ben funzionante
tanto che insegnati cattolici e buddisti collaborano senza alcun problema.
Questo è anche il villaggio dal quale originariamente provengono i genitori di
Bartolomeo e nel quale vivono ancora suoi parenti… praticamente tutto il
villaggio (160 famiglie) è imparentato con lui! Non si vedono da almeno tre
anni, periodo in cui lui è stato in Italia, perciò passiamo gran parte del
tempo a salutarli tutti, dall’anziano nonno a tutte le zie e le cugine! Delle
suore si prendono cura di una trentina di bambini in un orfanotrofio. Anche qui
il nostro arrivo è visto come un evento, per cui tutto il villaggio si “ferma”
per un’oretta. Lasciamo al capovillaggio del materiale portato dall’Italia.
Ci
spostiamo al terzo villaggio, Megun, dove è sviluppata la coltivazione del
peperoncino: è bellissimo vedere per terra distese di rossi peperoncini a
seccare! Quando arriviamo si ripete il rituale dei precedenti due villaggi:
veniamo fatti accomodare nella chiesetta che funge da chiesa, da aula per il
doposcuola (altri bimbi stanno studiando facendo doposcuola seduti su dei sassi
sotto un albero), da alloggio per il parroco, da sala ristoro quando ci sono
ospiti… insomma è il fulcro del villaggio. Tutti sono assiepati alle finestre
ed alle porte per guardarci!! Anche qui sono in corso progetti a cui p.Matteo
sta lavorando.
Vogliamo
ricordare che un ingrosso di dolciumi della nostra città ci ha regalato ben 23
scatole di chupa chups, per cui in ogni villaggio abbiamo distribuito alcune
scatole ai responsabili che hanno poi provveduto alla distribuzione a tutti i
bambini… e non solo!
A
malincuore lasciamo anche questo villaggio, ma si sta facendo tardi, dobbiamo
passare a ri-salutare p.Filippo (…tutti i bimbi, che solo il sabato sera
possono vedere un film alla televisione, corrono subito a salutarci di nuovo
quando ci vedono arrivare), sono già le 18.00 e ci aspettano ancora un bel po’
di ore per tornare a Mandalay.
Verso
le 19.00 ci rimettiamo in viaggio… il nostro Schumi comincia a sentire la
stanchezza della giornata, perciò p.Matteo si mette alla guida…più spigliato di
Schumi… e in meno di tre ore siamo nuovamente in albergo a Mandalay. Fissiamo
l’ora per ritrovarci l’indomani mattina, ci salutiamo ma Bartolomeo è un po’
amareggiato perché non potrà venire con noi domani, il Vescovo gli ha chiesto
di tenere l’omelia in inglese alle messe delle 6.00, delle 7.00 e delle 18.00.
Domenica 08 luglio
Anche
se è domenica la sveglia suona ancora alle 7.00. Siamo tutti pronti nella hall
dell’albergo ad aspettare p.Matteo che ci venga a prendere con il pulmino,
quando entra una ragazza, ancora il casco del motorino in testa, che sorridente
ci saluta. Al primo sguardo nessuno la riconosce, poi si togli il caschetto e…
la dottoressa Lucia!. E’ felicissima di vederci, continua a baciarci ed
abbracciarci! Si unisce al gruppo, anche perché l’escursione in programma oggi
è nelle zona dove lei lavora. Facciamo una tappa alla sua abitazione, ci
presenta il padre: ci racconta che possiede due scuole dove anche lei prima
insegnava. L’aula è piena di persone abbastanza adulte, e quando torneremo la
sera… c’è ancora gente che sta assistendo alle lezioni. Anche Bartolomeo è
stato un suo alunno: quando le chiediamo come fosse… non risponde e si mette
solo a ridere… Di religione cattolica, fa la ricercatrice presso il Ministero
della Sanità, e lungo il tragitto ci spiega che ci stiamo dirigendo verso
questa nuova città recentemente costruita, Pyin OO Lwin,
Facciamo
tappa alla casa vescovile per provare se riusciamo a collegarci con internet
(…finalmente funziona!!) e chi ti vediamo arrivare di corsa, sorridente nella
lunga veste bianca, a mò di Roberto Benigni ne “Il Piccolo Diavolo”? Ma
Bartolomeo naturalmente, che terminata la messa delle
Oggi
è domenica, il giorno della distribuzione della benzina, dalle 6 del mattino
alle 6 di sera chi ha diritto può ritirare la quota di sua spettanza – a Yangon
lt.60 al mese, a Mandalay lt.30 al mese, (8 lt. le prime tre domeniche e 6 lt.
l’ultima), nelle altre città ancora meno. Se per qualche motivo uno è impedito
a ritirare quanto gli spetta… perde la sua quota. Anche noi ritiriamo la nostra
razione. E gli innumerevoli “distributori” di benzina (mercato nero) che si
vedono lungo le strade, dove trovano la benzina da vendere? La ottengono da chi
non ha problemi di razionamento (militari al governo) o da chi lavora in uffici
pubblici e avendo l’auto a disposizione riesce a vendere su questo mercato
quella che non utilizza. Durante la nostra permanenza a Mandalay faremo due
volte benzina al mercato nero, dove per
Lungo
la strada, p.Matteo ci indica, nascosta da folta vegetazione la prigione di
Mandalay. I prigionieri, ci dice, vengono utilizzati per costruire strade o nei
lavori di agricoltura, alcuni riusciamo a vederli anche dal pulmino nella loro
tuta bianca, a volte ci dice lavorano con le catene ai piedi.
A
Pyin OO Lwin hanno sede diversi uffici governativi, la città dell’informatica,
l’accademia militare (tantissimi sono i ragazzetti in libera uscita con la
divisa); è chiamata anche la città dei fiori (ne vedremo di ogni forma e
colore) e del caffè (in questa zona viene coltivato). Lucia é una persona
abbastanza importante nel suo ruolo (dispone pure di una macchina governativa
con l’autista): lo dimostra il fatto che le persone che professano una
religione diversa dalla buddista vengono allontanate da ogni attività (lavoro,
carriera militare). Viene in questa città (di 1 milione di abitanti) il lunedì
e ritorna a Mandalay il venerdì. Nonostante ricopra questo ruolo è molto disponibile
nei nostri confronti. Prima tappa è la visita al Seminario Minore, dove sia
p.Matteo che Bartolomeo hanno studiato. Qui, dopo una visita del complesso, ci
fermiamo per pranzo e Lucia ci sorprenderà togliendo dalla sua borsa del
pic-nic una moka, preparandoci un caffè come si deve! Mentre stiamo pranzando
un veloce acquazzone rinfresca un poco l’aria! Subito dopo visitiamo un
giardino botanico, il Kandawgy Garden ($ 5), dove i maschietti azzardano la
passeggiata a dorso dell’elefante. E’la volta del Seminario Maggiore, anche qui
p.Matteo e Bartolomeo sono di casa. Quando arriviamo i seminaristi stanno
giocando a calcio… i nostri maschietti li seguono a ruota!
Dai
vari discorsi che facciamo riusciamo a ricavare le seguenti informazioni.
Il
popolo birmano è molto ospitale e disponibile, sempre pronto ad aiutarti e con
il sorriso sulla bocca: peccato però mastichi sempre le foglie, farcite di noci
di betel e calce, che oltre a tingere denti e bocca di rosso, procura anche
malattie (cancro).
Ci
sono diversi quotidiani, sia in lingua birmana che in inglese, ovviamente però
la censura è tanta.
Chiediamo
se è possibile spedire cartoline. Ci rispondono di no, le poste non funzionano
“in uscita”. “In entrata”… nemmeno. Tutta la corrispondenza viene aperta, e
soprattutto nei periodi festivi, per vedere se le buste contengono denaro… che
ovviamente viene sequestrato. Le riviste inviate dall’estero se sono in inglese
vengono sequestrate, nelle altre lingue qualcuna arriva perché ancora non le
capiscono bene.
Facciamo
notare che ci sono una infinità di bancarelle e “bar” che lungo le strade
vendono cibo. Ci spiegano che le persone partono presto il mattino per andare
al lavoro e rientrano la sera quando ormai è buio: senza elettricità e senza un
frigorifero dove poter conservare le cose è un problema cucinare, considerato
che la cucina birmana richiede anche preparazioni e tempi di cottura piuttosto
lunghi. Perciò è più pratico ed economico questo sistema: comprare il cibo per
strada e portarselo appresso nei contenitori di latta.
Le
persone che non sono di religione buddista stanno pian piano venendo
allontanate dalle funzioni più importanti. Anche se sono una minoranza (2% i
cattolici, 2 % i musulmani) il governo ha paura e… sta stringendo il cerchio!
Non
sono più permessi ingressi per le attività dei missionari o di volontariato
laico: solo chi è già presente sul territorio è tollerato e può rimanere.
Quando
il governo decide che vuole costruire una nuova città, non avendo problemi di spazio
tanto è il verde a disposizione, non si fa scrupoli ad abbattere foreste e
cominciare la costruzione in zone impervie e possibilmente su montagne.
Sposterà poi, a suo insindacabile giudizio, le famiglie che riterrà più
opportune… e se queste non dovessero accettare… il governo sa come farsi
ubbidire.
Le
prigioni sono affollate: poche sono le persone recluse per reati, la maggior
parte per motivi politici.
Il
Myanmar è uno dei maggiori produttori di oppio/droga: vedremo moltissimi
cartelli che dicono “chi utilizza droga commette un grave reato punibile con la
pena di morte”
La
stessa nuova capitale Naypydaw, che è in costruzione verso il nord, non ancora
ultimata, è già ritenuta poco sicura in caso di “sbarco via mare degli
americani” – ma anche in caso di invasione via terra thailandese - , perciò e
già iniziata la costruzione di una ulteriore nuova capitale…
Per
andare da Mandalay a Yangon è possibile utilizzare il treno (un vecchio treno
rimasto tale e quale a come lo hanno lasciato gli inglesi) o l’autobus, ed il
tragitto richiede circa 14 ore: la gente preferisce viaggiare di notte così il
giorno dopo ha la giornata intera a disposizione per lavorare. Ora il treno non
può più attraversare la nuova capitale di notte… perché fa troppo rumore, ed i
pullman devono arrivare all’ingresso della città entro una certa ora perché poi
con il buio la città viene chiusa… Raccontano però che, nonostante non ci sia
mai energia elettrica, la nuova capitale è sempre illuminata a giorno…
Torniamo
verso Mandalay, lasciamo Lucia che ritroveremo domani, e ceniamo da Ko’s
Kitchen (8000 kyat)
Lunedì 09 luglio
Oggi
la nostra accompagnatrice a Mandalay, almeno per la mattina, è Lucia. Con il
pick up di p.Matteo ci rechiamo prima al mercato (dove la dottoressa farà ad
ognuno un regalo, una collana alle donne, la tipica borsetta birmana ai
maschietti), poi al consorzio del riso, infine da una sua amica proprietaria di
una oreficeria che ci rimpinzerà di enormi ravioli preparati con farina di riso
e ripieni…di non so bene cosa…
I
negozi ed i mercati meritano una parentesi. Al contrario di altri posti
visitati, esempio Cuba dove davvero a causa dell’embargo manca tutto, qui sono
strapieni di ogni ben di dio (vestiti, ciabatte, cibo, quaderni…). Ci
domandiamo da dove arrivi tutta questa merce (dalla Cina? Qui fabbriche, a
parte qualcuna di lavorazione della canna da zucchero ed essiccazione del pesce
non ce ne sono), cosa se ne facciano, chi la possa comprare visti i miseri
guadagni giornalieri…
Prima
di rientrare in hotel passiamo a conoscere la famiglia di Bartolomeo: anche
loro, come la maggior parte, vive in una capanna: ci racconta che la casa non è
di proprietà ma è del governo, in quanto il padre trasporta legname per conto
loro. Se il padre decidesse di non lavorare più e nessuno dei fratelli volesse
proseguire nello steso lavoro automaticamente perderebbero anche la casa.
Il
pomeriggio p.Matteo viene a riprenderci con il pulmino del vescovo per andare a
visitare un altro villaggio cattolico. Sul pulmino ci sono due donne con due
bambini che sono venute in città per andare dal medico ed approfittano della
nostra presenza per tornare più velocemente a casa. Una di queste è laureata ed
adesso fa l’insegnante nel suo villaggio.
Ci
mettiamo in viaggio ma il nostro Schumi ha la brillante idea di portarci a bere
un caffè. Ci fermiamo al Caffè Picasso… aspetteremo circa un’oretta perché la
persona che sa fare i caffè è uscita un attimo… disperati poi ordineremo un the
freddo!!
Giunti
finalmente al villaggio siamo come sempre accolti molto cordialmente e
calorosamente, veniamo subito attorniati da un infinità di bambini ai quali
regaliamo gli immancabili chupa chups… Visitiamo anche qui un orfanotrofio
gestito da suore, con l’annesso ambulatorio medico. Una suora ci mostra la
dispensa dei medicinali e ci chiede consigli circa il loro corretto utilizzo;
una problematica frequente soprattutto fra i bimbi è l’infezione alle orecchie,
per cui avrebbe bisogno di un otoscopio… la informiamo che un altro conoscente
è in partenza per
Facciamo
ritorno verso Mandalay, e per cena siamo ospiti dalla dottoressa Lucia presso
il ristorante sul lago della sorella (Mandalay Kandawgyi Restaurant)
Martedì 10 luglio
Sveglia
presto anche stamattina: 5.30 e partenza in aereo ($ 28) per Heho, lago Inle.
Volo di 20 minuti, puntuale come i precedenti ed atterriamo nel piccolo
aeroporto.
Mentre
sul pulmino aspettiamo che ci portino i bagagli (guai se ci azzardiamo a
portarli noi, si arrabbiano!!) si avvicinano vari personaggi che si offrono di
fare massaggi.
Il
tragitto per arrivare a Inle è particolare, bisogna superare una collina e il
panorama che si apre è incantevole. Ci fermiamo ad un mercato, dove cominceremo
a vedere le donne con il tipico copricato dell’etnia Shan, un laboratorio dove
producono oggetti in carta di bambù, il monastero Shwe Yan Pyay dalle
caratteristiche finestre ovali.
Paghiamo
$ 5 per l’ingresso nella zona del Lago ma prima di dirigerci all’hotel,
approfittiamo del pulmino che abbiamo a disposizione per la giornata, e
chiediamo di essere portati all’orfanotrofio di Brother Felice a Nyaungshwe
(fratello Felice Tantardini era un missionario laico del Pime giunto in
Birmania nel 1921 e vi è rimasto fino alla morte nel 1988). Arriviamo che manca
poco a mezzogiorno: nel refettorio, sulle tavole di legno, sono già
apparecchiate le ciotole con una specie di minestra verde di riso. Sentiamo
suonare la campanella della scuola e man mano i bimbi, cominciano ad arrivare
nella loro divisa loungy verde e camicia bianca. In silenzio, si mettono in
fila davanti all’ingresso, aspettano che tutti siano arrivati, pregano, sempre
in silenzio (possono parlare ma a voce bassa) mangiano il loro pasto. Quando si
alzano c’è chi lava le ciotole, chi le risciacqua, chi le asciuga, chi pulisce
i tavoli, chi per terra… Ognuno ha il proprio compito. Alla fine ancora una
preghiera. Il tutto si svolge in meno di 15 minuti! Accompagnati da Erika, una
ragazza di 26 anni che con altri 3 ragazzi è la responsabile di questo centro,
visitiamo i dormitori, due coloratissime camerate con letti a baldacchino in
legno, una per i maschietti ed una per le femminucce.
Per
pranzo sostiamo da Kitchen Kite…. Ristorante con cucina italiana!!!
Effettivamente molto buona, proviamo sia la pizza che la pasta fresca che viene
impastata proprio al momento.
Andiamo
all’hotel Hu Pin a Nyaungshwe ($25 con colazione) per depositare i bagagli,
quando dal ristorante attiguo chi ti vediamo sbucare? Maria, che accompagna una
coppia di sposi milanesi in viaggio di nozze! La rincontreremo poco più tardi
sul lago Inle.
Lasciamo
i bagagli e ripartiamo per visitare il famoso Lago. Prendiamo una lancia,
percorriamo il lungo canale e… Inle è di una tranquillità indescrivibile!!
L’unico rumore presente è quello dei motori delle barche dei pochi turisti, per
il resto i locali si spostano con la barca a remi, remando spesso con un solo
piede. Visitiamo il monastero Nga Phe Chaung, quello dei “gatti saltanti”,
attrazione che non ci entusiasma per niente.
La
tecnica dei bambini/donne che ti vendono souvenir è simile a quella degli alti
siti archeologici… solo che qui arrivano con la loro caratteristica barca
piatta, si ancorano alla tua… e non ti mollano più! C’è da dire che le collane
e i bijoux in argento che vendono sono molto belli e anche molto economici.
Quando
rientriamo decidiamo di tornare da Kitchen Kite per cena. Percorreremo a piedi
il tragitto che ci separa dall’albergo, meno di un km., nel paesino
completamente deserto anche se sono solo le 21.00!
Mercoledì 11 luglio
Sveglia
presto anche oggi, alle 6.00, dobbiamo andare sul lago al mercato di Nan Pa. Il
tragitto richiede almeno un’ora di lancia ed è bene arrivare abbastanza presto.
Quando
arriviamo in loco il mercato è un brulicare di persone e di barche
“parcheggiate” nei modi più disparati.
Visiteremo
poi il laboratorio per la lavorazione della seta Inn Pau Hkon (dove una
nonnina, furtivamente, ci legherà al braccio un originalissimo braccialettino
di fili di seta), l’officina dei fabbri di Seinkaung,
Rientriamo
a Nyaungshwe, pranziamo da Hu Pin, il ristorante del nostro albergo a cucina
prevalentemente cinese, dove peraltro mangiamo bene.
Nel
pomeriggio decidiamo di andare a Taungyi, capitale dello stato Shan, a circa
un’oretta di pulmino dal Lago. Ci accompagna Erika, la responsabile
dell’orfanatrofio di fratello Felice, che in precedenza aveva studiato in
quella città. Taungyi è una cittadina moderna, si trova a circa 1000 mt. di
altezza, le case sono tutte in muratura a causa delle temperature più fredde.
Saliamo fino alla collina sopra la città dalla quale si gode il panorama di
tutta la vallata, visitiamo la pagoda ed il sito Aung Myit Tar.
Andiamo
poi all’orfanotrofio gestito da suore, una delle quali parla anche l’italiano:
una grande costruzione che ospita sia bambini orfani che ragazzi, ma anche
adulti, diversamente abili (ciechi, con arti amputati, down…). E’ una visita
questa che vi lascia veramente senza parole.
Ammutoliti,
lasciamo l’orfanotrofio e facciamo tappa alla casa vescovile ed alla Cattedrale
di St.Joseph dove incontriamo diversi preti che sono stati in Italia
Lasciamo
Taungyi, sostiamo al mercato che incontriamo lasciando la città, torniamo verso
il nostro hotel e ceniamo ancora da Hu Pin.
Dopo
cena facciamo due passi nel paese deserto. Mentre stiamo parlando, ci sentiamo
chiamare da una ragazza che sta mangiando all’unica bancarella ancora attiva.
Ci chiede se siamo spagnoli. Rispondiamo che siamo italiani. Lei si presenta,
ha un nome impronunciabile che tradotto significa “pioggia fredda”. Ci fermiamo
con lei, ci sediamo sui minuscoli sgabellini che si incontrano in ogni locale,
e comincia a raccontaci la sua storia. Era un insegnante, ma a causa dello
stipendio troppo basso, con molto rammarico ha dovuto lasciare. Ora fa la guida
turistica in lingua spagnola e guadagna circa $ 30 al giorno. Ha due figli, uno
dei quali è nell’accademia militare a studiare a Pyin OO Lwin, anche il marito
adesso ha un lavoro governativo e guadagna di più. Ci dice che ama molto la sua
patria, ma una situazione simile “è insostenibile”. Non vuole andarsene, vuole
restare per cambiare le cose. Intanto, il prossimo anno ha ricevuto un invito
(indispensabile affinché un birmano possa ottenere il passaporto) per andare in
Spagna, da persone conosciute qui durante una vacanza, per studiare meglio la
lingua spagnola, che effettivamente parla bene così come l’italiano
Salutiamo
anche “pioggia fredda” ad andiamo a dormire.
Giovedì 12 luglio
Partenza
come sempre di buon ora, ci aspetta il trasferimento in aereo ($65) a Yangon.
Prima
della partenza p.Matteo è riuscito a contattare un orfanotrofio dove vive una
ragazzina, Faustina, che è stata adottata a distanza da una amica che vive
nella nostra città. La suora, con un viaggetto di un ora di macchina, è
riuscita a portarla fino all’aeroporto di Heho. Abbiamo dei regali da
consegnarle, è molto contenta ma anche molto imbarazzata da tutte queste
attenzioni!
Dopo
un’ora di volo, atterriamo a Yangon dove ritroviamo il pulmino dei primi giorni
che ci porta nello stesso Hotel, il Summit Parkview.
Il
pomeriggio visitiamo Yangon:
Sosta
da Mr.Brown, caffetteria tipicamente occidentale con tanti tipi di caffè,
cappuccio e dolcetti, e finalmente comincia a piovere, una pioggerellina sottile
che ci accompagna per un paio d’ore. Ci adeguiamo alle usanze del luogo e
gironzoliamo tranquillamente senza togliere ombrelli e mantelle dagli zaini.
Entriamo
nel porto di Yangon, dove un brulichio di persone sta salendo sui barconi
pronti alla partenza.
Ceniamo
ancora sul lago Kandawgyu da “Royal Garden” (cucina cinese) e poi torniamo in
hotel: dobbiamo preparare le valigie per la partenza!
Venerdì 13 luglio
Siamo
un po’ tristi questa mattina, dobbiamo lasciare
Arrivati,
p.Matteo chiede l’autorizzazione per poter entrare nell’area delle partenze e
ci assiste finché non siamo costretti ad imbarcarci. ….prima di salutarlo,
però, gli regaliamo tutte le mantelle, ombrelle, kway che in questi 15 giorni,
fortunatamente, non ci sono serviti !!
Il
volo Thai ci riporta a Bangkok. Atterrati in perfetto orario, alle 15.00,
impiegheremo più di un’ora per sbrigare le pratiche per l’immigration (che coda
!!!) e per recuperare i bagagli. All’uscita troviamo la guida che avevamo
prenotato dall’Italia per questi ultimi 3 giorni: ha un nome incomprensibile ma
si fa chiamare Giovanni. La partenza non è delle migliori. Pochi metri sul
pulmino e l’autista viene subito fermato dalla polizia, e multato perché ha
cambiato corsia di marcia senza azionare la freccia (in Thailandia la guida è a
destra e guidano come in Inghilterra). Giovanni ci fa notare che “è venerdì
13”… ma noi non siamo superstiziosi… ci dice che l’aeroporto dista circa
La
città è tappezzata di bandiere gialle e foto del re, Rama IX, che ci dice
essere molto amato dai thailandesi. L’anno scorso si è festeggiato il 60
anniversario dalla salita al trono, mentre quest anno, a dicembre, il re compie
80 anni. Giallo perché Rama IX è nato di lunedì, e il giallo è il colore
associato dalla tradizione thailandese a quel giorno. Il lunedì, tutti i
thailandesi devoti al re, indossano una maglietta gialla. Rama IX ha cambiato
la legge di successione, con ogni probabilità la prossima sarà una regina, la
sua secondogenita.
Arriveremo
in hotel verso le 19,30… dopo più di due ore. Alloggiamo al Rembrandt, un hotel
di 26 piani: tanta la clientela indiana e musulmana che scende da lussuose
macchine, tante le donne con il chador ed il burqa sotto i quali però notiamo
jeans, pantaloni bianchi e tacchi a spillo.
Ceniamo
molto bene da Little Italy (bath 500 circa)… cominciamo ad avere nostalgia del
cibo italiano!
Sabato 14 luglio
L’aria
a Bangkok è irrespirabile ed il clima caldo e molto umido.
Oggi
con Giovanni ci aspetta la visita delle città e dei Templi. Visitiamo Wat Pho
(il budda sdraiato), Wat Traimit (il budda d’oro), Wat Mahathat, Wat
Benchamabophit.
Fervono
pressoché dappertutto i lavori di restauro che devono essere terminati prima
del compleanno del re.
Ci
porta in un grande negozio a vedere la lavorazione dell’oro e delle pietre
preziose: tanti i pullman di turisti parcheggiati.
Non
siamo più abituati a vedere tanti turisti, in Birmania c’eravamo quasi solo
noi! Sarà che c’eravamo abituati bene, sarà che Giovanni non ci trasmette
troppa passione, ma questa escursione non ci entusiasma più di tanto, ci sembra
tutto troppo turistico… troppo finto…
Il
pomeriggio è a nostra disposizione. Prendiamo lo Sky train (30 bath), ci
dirigiamo nella zona di Silom, dove incontriamo tante bancarelle che vendono
prodotti copie di marche famose (borse, magliette, orologi….). Facciamo qualche
acquisto, è un divertimento contrattare con questi venditori che appena ti
scappa l’occhio su un oggetto subito ti porgono la calcolatrice con digitato il
prezzo e ti dicono di fare la tua offerta! Oltre queste bancarelle, la parte
del leone la fanno i negozi di massaggi, che partono da prezzi davvero
stracciati, 200-300 bath (4-5 €), con le loro giovani, belle e sorridenti
ragazze che sono fuori per invitarti ad entrare.
Torniamo
da Little Italy per cena, dove il titolare, un signore genovese che si è
trasferito in Thailandia, ci viene a ringraziare per il fatto che siamo tornati
per la seconda volta nel suo locale.
Domenica 15 luglio
Partiamo
presto ad andiamo a visitare il famoso mercato galleggiante lungo il canale
Damnoen Saduak nella provincia di Ratchaburi, che dista
Rientrati
a Bangkok, torneremo a cena da Little Italy… dove il titolare ci omaggerà con
delle buonissime bruschette!
Lunedì 16 luglio
Stamattina
la maggior parte delle persone indossa qualcosa di giallo. Visitiamo il Palazzo
Reale. Nonostante il gran caldo apprezziamo molto questa visita, che si
rivelerà il luogo più apprezzato di questi tre giorni.
Il
pomeriggio, visto il gran caldo, lo passiamo al fresco nella piscina
dell’hotel… anche perché alle 20.00 il pulmino passerà a prenderci per portarci
in aeroporto. Il traffico è caotico, piove anche, però in un’oretta abbondante
siamo al check in, senza problemi sbrighiamo tutte le formalità, coda all’immigration
per il controllo passaporti in uscita, giusto il tempo di mangiare un panino, e
alle 00.40 rieccoci sul volo Thai che ci riporterà a Malpensa… atterrando
peraltro molto in anticipo rispetto all’ora indicata (arriveremo alle 6.20
anziché alle 7.30 di martedì 17 luglio) così dovremo aspettare chi deve
riportarci a casa!
L’impatto
con il traffico sull’autostrada A4 ci riporta subito alla realtà…domani siamo
pronti per tornare in ufficio!
Questa
è stata la nostra esperienza in Myanmar… se qualcuno volesse condividerla con
noi, continuando ad aiutare le persone citate in questo diario, portando quel
poco di materiale che può stare in una valigia delle vacanze (eventualmente si
può comprare tutto in loco, importanti sono i medicinali: quelli in commercio
laggiù non sono così efficaci come i nostri), ci può contattare, saremo ben
felici di fornire tutte le indicazioni e gli indirizzi a nostra disposizione.